top of page

Diario di Bordo

Maverick Warriors STAFF

E' con molto piacere che inauguriamo questo sito, questo progetto e soprattutto questa selezione. Per chi ci conosce dagli inizi, volevamo dire che da quando abbiamo iniziato, ad oggi, il nostro STAFF si è un pochino modificato, ci sono stati membri che hanno lasciato il gruppo, altri che si sono aggiunti. Conoscete oramai ognuno di noi, eccetto, una new entry, ovvero Soso. Soso è una ragazza speciale e straordinaria, con molta, moltissima voglia di fare e di mettersi in gioco, si è dimostrata da subito una persona piena di interessi e di cose belle e noi, abbiamo la certezza che avere lei nel nostro team, nella nostra famiglia, sia una risorsa.

Diario di Bordo

Capitolo 1 - S come Sonno


Certe volte mi ritrovo a dover lottare per dormire. Sono lì sul balcone di casa mia, balcone qualunque di una casa qualunque, in un posto qualunque come una persona qualunque; Penso le ore diventano foglie d'autunno, cadono lentamente ingiallite dalla stagione dei pensieri. Tutto è fermo, mi giro, mi volto verso un vaso di fiori non curato, corroso dalla polvere del tempo eppure in quella terra asciutta fiorisce tra i soffocanti ciuffetti d'erba verde, un piccolo fiore, nonostante sappia del suo destino. Costretto a morire soffocato tra i ciuffi d'erba, fiero, staglia il suo bulbo al cielo con aria titanica. Torno di nuovo tra i miei pensieri, ripenso a quel fiore che nonostante sia conscio del suo destino, si erge a lottare e io che non sono a conoscenza nemmeno di ciò che mi accadrà sono bloccata in una prigione atemporale, l'anticamera di un dolce riposo che non arriverà. Sento il ticchettio degli orologi di casa, mi volto a guardarli, sono le 2:00 precise, non mi dice niente quest'ora come non mi dice nulla il motivo per il quale sia seduta sul balcone a scorgere le stelle nel cielo, soprattutto a Milano, città rinomata per le sue volte celesti. Non riesco a prendere sonno, ho paura penso di esser malata, molte volte rido dietro a coloro che davanti a un insettino si spaventano e iniziano ad urlare: “schiaccialo! Schiaccialo!”, c'è ben poco da ridere Sofia (si, è così che mi chiamo) mi dico, tu hai paura del sonno. I pensieri dopo un'estenuante giornata di scuola mi assalgono, una marea di piccoli aghi che mi punzecchiano quando dolcemente tento di chiudere le palpebre per dormire e mi tengono sveglia senza neanche sapere il motivo; ma poi sveglia a far cosa? A stare sul balcone e a voltarmi verso la sala da pranzo e vedere in mezzo al tavolo una lattina di coca cola finita e mezza schiacciata, bevuta qualche ora prima da mio nonno, mi mette malinconia come se essa rappresentasse la mia situazione ora, mi sento un contenitore vuoto e leggermente ammaccato, mi sento vuota e persa, non trovo un motivo per andare a dormire, la paura mi assale, mi divora, urlo ma nessuno mi vede, mi muovo a scatti ma nessuno mi sente, sono confusa; perchè faccio tutto questo, gli occhi ogni tanto si chiudono e lasciano spazio ai mostri della giornata di presentarsi e chiedere il resoconto dei miliardi di maschere che ho indossato, mi sento “uno, nessuno, centomila” citando Pirandello. La stanchezza fisica si fa sentire, mi volto di scatto e fisso le lancette dell'orologio della sala, un orologio a pendolo con sopra un'iscrizione in latino che cita “Temps Fugit”, non mi sento parte di questo tempo, il mio sta sfuggendo, vorrei prendere sonno si, ma non in questo tempo, non è il mio, me lo devo creare. Sono le 5:00, decido di dormire almeno un paio di ore, domani ho scuola, non posso permettermi di essere una zombie, punto la sveglia alle 7:30 e come è mio solito fare, già pregusto la colazione della mattina seguente. Mi distendo sul letto, chiudo gli occhi, mi attorciglio le coperte su me stessa, copro i piedi e il sonno finalmente giunge, la paura è battuta dalla stanchezza fisica. Il mattino seguente alle 7:35 non mi sono svegliata, arriva mio nonno, un uomo sulla settantina ancora bello pimpante e con una voce profonda e autoritaria, entra in camera mia e urla “SAMIR SVEGLIA!!!!!!!!” mi sveglio di colpo, ansimo, ora ricordo, ora ricordo perchè non volevo andare a dormire Sofia ecco perchè, non ricordavo ancora una volta “SAMIR SVEGLIA!!!!!!”, ora ricordo e smetto di ansimare, ho paura del sonno.

Diario di bordo

Dj Riux e i pensieri pomeridiani


Sono seduto su una poltrona, in camera di mia sorella che dorme (o quasi), fuori piove e sembra novembre, non ostante sia quasi luglio. Sono seduto qui e penso... Penso alla paura. Sì, proprio tu che stai leggendo, penso alla paura. Alla paura che ti impedisce alcune volte di parlare, altre di muoverti o respirare, ma quella più brutta, quella peggiore di tutte è la paura di essere se stessi. Se pensassimo a una frase del tipo "Io non sono me stesso perché non posso, perché non voglio deludere la mia famiglia (o una persona in particolare) e allora per la loro gioia, io preferisco essere infelice" ci diremmo sicuramente "Seriamente?". Ecco! Per troppo tempo ho detto a me stesso che non dovevo deludere nessuno, che dovevo fare di tutto per non fare quello che poteva ferire una persona e questo per esempio quando mi innamorai per la prima volta... Di una ragazza (e allora non ero ancora quello che sono oggi, anche se una sensazione e percezione diversa di me c'era). Passai ben tre anni e mezzo isolato da tutto e tutti perché "non è possibile che sia capitato a me". Poi quando mi resi conto di amare una seconda ragazza mi imposi di stare con un ragazzo che si era innamorato di me e dal quale scappai quando cercò di baciarmi e quella stessa sera, scattò qualcosa in me. Quella sera mi resi conto di aver davvero toccato il fondo, presi il cellulare e gli scrissi che dovevamo parlare, gli dissi "Mi dispiace... Ma sono gay" e quella fu come una liberazione. Ne parlammo poi a voce e mi chiese da quanto tempo lo sapevo e gli risposi la verità "dal primo momento che ti ho visto. Io lo sapevo già". Quello che successe dopo, è semplicemente il cammino che feci per essere me stesso. Ma ringrazio tutti quei momenti per avermi dato il coraggio di riprendere la mia vita in mano. Per cui a chi mi dice che ha paura, che non sa come fare... Consiglio di seguire la strada che li renda felici, anche se essa, all'inizio farà male a qualcuno.

Diario di bordo

AleksyTheWriter

Le parole un tempo erano state il sangue che gli scorreva nelle vene. Un tempo, erano fluite dalla penna, nero su bianco, come la dimostrazione fisica della sua anima. Una vita prima, la scrittura era stata il suo mezzo di comunicazione migliore. Era stata la sua Arte, l'unica cosa di cui si fosse mai sentito orgoglioso. Si, una vita prima. Perché in quei pochi anni era cambiato tutto, ma così tanto che non riusciva a pensare di star vivendo la stessa esistenza. Lui era cambiato, e la sua Arte lo aveva abbandonato. O forse era Lui ad aver abbandonato la sua Arte. Aleksy fissò fuori dal finestrino, ma il suo sguardo non incontrò il marciapiede, i negozi ormai chiusi, o il nero del cielo; era come se non si trovasse li. I suoi pensieri stavano viaggiando, vorticosi nella sua mente come un tornado inarrestabile. Era da giorni che ci rifelletteva; si alzava al mattino, mangiava, viveva la sua giornata, ma quel pensiero restava sempre li, come un chiodo fisso. Quella necessità, quel bisogno primario che era per lui il prendere una penna e tracciare quelle parole che venivano non sapeva nemmeno lui da dove, lo stava divorando. Come il respiro, gli era vitale. La macchina nel frattempo sobbalzava, dosso dopo dosso, cambiando strada, svoltando a destra, poi a sinistra... Andando avanti. Fu in quel momento che quella consapevolezza lo colpì con la forza di un pugno nello stomaco. Lui era fermo. Lui non stava avanzando. Lui era immobile da quel esatto istante in cui aveva dovuto abbandonare la Bic sul tavolo. E non l'aveva più ripresa. Il suo cuore aveva come smesso temporaneamente di battere, restando bloccato, in attesa... Il suo cuore stava aspettando che lui si decidesse a riprendere. La sua mano tremava, desiderosa di stringere la penna, di riunirsi a quella che era la sua estensione. -Hey! Riesci a sentirmi?- Una voce, sottile quanto forte e profonda, si intromise nel caos. Appena udibile... Abbastanza da essere sentita. Il ragazzo non vi badò, doveva essersela immaginata. -Perché non vuoi ascoltarmi...? Cos'hai da perdere?- Cosa aveva da perdere? Tendenzialmente molto. Ma anche avesse dato ascolto a una voce immaginaria, cosa sarebbe mai potuto accadere? Si rese conto di quello che stava facendo, del fatto che si stesse soffermando davvero sull’ascoltare una strana voce incorporea probabilmente inesistente. “Sono pazzo.” -Non sei pazzo.- Aleksy rimase in silenzio questa volta. Appena si aprì all’ascolto l’uragano che lo tormentava si calmò. Il silenzio arrivò di colpo, nuovo sovrano della sua testa. -Per la prima volta, da molto tempo, riesci a sentirmi. Mi sei mancato Alek. È triste osservare il trascorrere dei tuoi giorni senza poter fare nulla. È triste non riuscire a a parlarti. È triste non poter fare nulla per cercare di farsi notare, pur sapendo che ho sempre la tua attenzione... ma che non basta per far sentire le urla silenziose che ogni secondo grido, senza che cambi nulla. Sono in prigione nel tuo cuore. Mi ci hai chiuso tu senza nemmeno accorgertene. Hai paura per quanto tu non voglia ammetterlo. Temi che riconoscerlo possa farti crollare. Non so come andrebbe a finire in quel caso, ma so come vanno le cose ora. Come ti senti ora. Come finiriai se continuerai imperterrito su questa strada. Mi cerchi in lungo e in largo, senza vedere che sono qui. Dentro di te. Lo sono sempre stata. Si, ormai avrai capito chi sono. Sono la Scrittura, sono quell'insieme di parole che preme per uscire senza riuscirci. Sono la tua Arte, come mai chiamarmi. Ma potrei anche definirmi la Tua Anima, i tuoi sentimenti, l'essenza della tua vita. Sono sempre stata qua. Alek, io sono pronta per uscire. Sono pronta per tornare a farmi sentire, a farmi leggere, a farmi scrivere. Sarà difficile. Ma sarà esattamente ciò che sappiamo entrambi desideri più di qualsiasi altra cosa. Hai aspettato di riuscire a comunicare con me per molto, lo hai sperato così tanto che quella speranza è ormai consumata tra le tue mani. Ma ancora presente. Riprendiamo insieme, li da dove ti sei interrotto. Dove hai smesso. Non deve essere per forza un finale, un addio; può essere un nuovo inizio. Abbracciami, abbracciati. Ne hai bisogno.- Quella voce sempre più forte, dolce quanto decisa, dal tono suadente, lo invase di una calma che non provava ormai da molto. -Svegliati Aleksy.- Il ragazzo percepì una mano accarezzargli la guancia, soffice, con la stessa delicatezza usata da una madre amorosa. Nella sua mente rieccheggiava solo l'eco delle sue parole.. Niente più casino, dolore. Solo calma. Il paesaggio oltre al finestrino lentamente prese a offuscarsi, scomparendo in un esplosione di luce bianca. ~ ~ ~ Spalancò gli occhi di colpo, il respiro accelerato, la fronte imperlata di sudore.. Gli servì una manciata di secondi per realizzare dove si trovasse, per distinguere il soffitto della sua stanza. Era stato un sogno, solo un sogno. Eppure qualcosa era cambiato. Sentiva il cuore battere con vigore nel petto. Lo sentiva. Si sedette stringendo tra le mani le coperte. Le parole udite nel sonno erano ancora li, impresse a fuoco. Si era svegliato come gli era stato richiesto, ma sentiva che qualcosa non quadrava, come ci fosse un ultimo tassello mancante. Si sentiva strano, diverso, e al tempo stesso ancora più se stesso di quanto non fosse prima di addormentarsi. Era come se ad ogni respiro che facesse entrasse un filo più di aria. Era come se la libertà gli stesse entrando nei polmoni. Forse non era sto solo un sogno. Forse... Non si rese nemmeno conto di essersi alzato e di aver iniziato a camminare verso la scrivania. Si muoveva come in trans, padrone solo di assistere a ciò che il suo corpo stava facendo. Ma forse era molto più consapevole di tutto ciò di quanto credesse. Aprì un cassetto dopo l'altro con foga, intimamente convinto che se si fosse fermato sarebbe rimasto li impietrito, incapace di muoversi di un solo altro millimetro. Le sue dita si tagliarono contro i gli sparsi, si punsero contro le estremità appuntite delle matite, ai scontrarono contro il legno... Fino a quando non sfiorarono, proprio sul fondo, qualcosa di liscio, di plastica, che a contatto con la sua mano rotolò in avanti. Il suo cuore fece un balzo, riconoscendo tra tutti gli oggetti l'unico che poteva trasmettergli Quel brivido di pura adrenina. La serrò nel palmo sudato e la tirò fuori. Era una semplice penna Bic, rovinata dai mille mangiucchiamenti e dal tempo passato li dentro. Era la Sua penna. Guardarla, stringerla, e sorridere, furono la stessa cosa. Un insieme di emozioni gli scoppiarono dentro, invadendo ogni spazio disponibile del suo corpo. Era come se tutto d'un tratto un tappo fosse stato tolto e tutto ciò che era rimasto bloccato si fosse sparso a macchia d'olio, inarrestabile. Con lentezza esasperante, ora si sedette. Come qualcuno che ha il terrore di vedersi sgretolare il proprio tesoro più prezioso dinanzi gli occhi, fece attenzione a non essere avventato nei suoi gesti.. Anzi. Prese un foglio. Poi vi poggiò la punta della penna, lasciandovi un puntino nero. Lo trovò meraviglioso. Il respiro era frammentato, commosso, spezzato, impaurito... Ma c'era. Cosi come c'era quella penna che seppur a stento stava tracciando la prima parola, per arrivare alla seconda, e di seguito alla terza... Secondo dopo secondo, istante dopo istante, Aleksy tornava a vivere. E con lui, la sua Arte. Forse lui non l'aveva abbandonata, e lei non aveva abbandonato lui. Forse avevano solo acuto bisogno del tempo giusto per ritrovarsi. La penna continuò a tracciare parole, sciolta e decisa, sempre più sicura... "Le parole un tempo erano state il sangue che gli scorreva nelle vene. Un tempo..."

Cattura8.PNG

Diario di bordo

I pensieri poetici

IL MIO VERO IO


Mi crollava tutto,
ero finita, sbagliata.
La gonna scivola,
il trucco cola inerme,
sulle guance scavate dal dolore.


Sono sbagliata,
fuori da canoni genetici 
non miei, nè di nessuno;
sbagliata come pochi,
pazza come pochi.


Il pronome decade,
 il mio castello
di falsa donna,
femminilità inesistente esplode.


Divelte le porte,
di un cuore ormai incontrollato,
ormai deciso, indomito,
un cuore vivo.


La gonna decade,
il mio sesso decade,
voglio vivere, 
essere quello che sono,
sentirmi un io.


Il mio sesso decade,
il mio passato anche,
tutto di me crolla.
Mi chiamo Nivan,
e sono un uomo vero 
nel bozzolo sbagliato.

Nivan

bottom of page